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Usciti dalla capella del Rosario
Usciti dalla Cappella del Rosario troviamo, all’angolo della navata, un altare cinquecentesco in marmo, già appartenente al coro, ornato con un S. Giuseppe dellaScuola di Guido Reni. In alto, nello spazio della prima campata, sporge la massiccia cantoria dell’organo, costruito dal celebre Gaetano Calido nel secolo XVIII. Sotto, la lapide che ricorda la consacrazione della Basilica avvenuta nel 1430.
Più in basso, a destra, tre tavole dipinte nel 1473 daBartolomeo Vivarini († 1499), resti di un famoso polittico con nove scomparti, che si trovava sull’altare, presso la porta, da questo stesso lato, dedicato a S. Agostino. Al centro, S. Agostino; a destra, S. Lorenzo; a sinistra, S. Domenico.
Usciti dalla sacrestia
Usciti dalla sacrestia, a destra monumento al doge Pasquale Malipiero († 1462), opera in stile rinascimentale diPietro Lombardo. Nella lunetta: una Pietà. Le tre statue, sopra e ai lati dell’arco, rappresentano: La Giustizia, l’Abbondanza e la Pace. Nei tondi: stemmi e il leone di S. Marco. Nei due grifi, nella conchiglia alata, nelle nicchie mensole, in ogni particolare traspare la perfezione e l’eleganza dell’opera. Il monumento al senatore Giambattista Bonzi († 1518), eretto nel 1525, viene attribuito al padovano Gian Maria Mosca. Sul prospetto dell’urna quattro virtù: Temperanza, Speranza, Giustizia, Carità e, in alto, la Fede. Le altre due virtù sono andate perdute quando il monumento, che era nella parete di fronte, fu qui trasportato per lasciare posto a quello dei Valier. Ai lati della sottostante duplice arcata, due belle statue: S. Tommaso d’Aquino e S. Domenico, attribuite ad Antonio Lombardo. Nella prima arcata a destra: tomba del doge Michele Steno († 1413). Il monumento fu rimaneggiato quando nel 1811 dalla demolita chiesa di S. Marina fu qui trasferito. Nella seconda arcata, sepolcro di Alvise Trevisan († 1528) letterato e benefattore: lasciò al convento la sua ricchissima biblioteca. È opera di Gian Maria Mosca.
Il monumento equestre in legno dorato al generale Pompeo Giustiniani, detto “braccio di ferro”, morto nel 1616 all’assedio di Gorizia, eretto a spese della Signoria, è opera di Francesco Terillio da Feltre (sec. XVII). Di notevole valore storico tre lapidi: la prima ricorda il soggiorno del card. Chiaramonti, nell’attiguo convento, prima di essere eletto Papa col nome di Pio VII, nell’isola di S. Giorgio (1800). La seconda lapide, qui trasportata dal vicino chiostro, era posta sulla tomba del doge Giovanni Dandolo († 1289). L’ultima ricorda la sosta di Pio VI, reduce da Vienna, nel 1782. Monumento al doge Tommaso Mocenigo († 1423). L’opera, che segna l’inizio dell’espansione fortunata dello stile di Donatello (si osservi il guerriero all’angelo sinistro del sarcofago, affine al donatelliano S. Giorgio), è datata 1423 e firmata Pietro di Maestro Nicolò Lambertifiorentino e Giovanni di Martino da Fiesole. Elegante opera di transizione che unisce elementi di arte gotica e del Rinascimento, ad elementi veneziani con forme di arte toscana. Tipico è il baldacchino, stretto in alto nel fascio floreale, fiancheggiato da due leoni rampanti; e il grande quadro architettonico con sei santi ricorda le ancone d’altare. Sul prospetto dell’arca le virtù teologali e cardinali. Al vertice la Giustizia. Il doge è sepolto sotto la lapide che si trova ai piedi del monumento, assieme al padre Pietro, procuratore di S. Marco. Procedendo, incontriamo il monumento al doge Nicolò Marcello († 1474), pregevolissima opera di Pietro Lombardo. Nella lunetta: Madonna in trono, con S. Marco che presenta il doge, e S. Teodoro; le quattro statue raffigurano le Virtù cardinali; in alto, l’Eterno benedicente. Stemma e lapide, posti a fianco nel 1753, ricordano il doge Marino Zorzi († 1312), detto il santo, che era sepolto nel vicino chiostro, e che donò ai domenicani la chiesa ed il convento di S. Domenico a Castello, ora distrutti.
Altare
L’altare rinascimentale, è dominato dalla tela del Martirio di S. Pietro diNicolò Cassala (sec. XVIII), copia del capolavoro di Tiziano (del 1530), distrutto nell’incendio della cappella del Rosario (1867). Monumento equestre in stile barocco dedicato alla memoria del perugino Orazio Baglioni († 1617), generale della fanteria veneziana. Segue il monumento ai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e a Domenico Moro, eroi del Risorgimento italiano, fucilati il 25 luglio 1844 nel Vallone di Rovito presso Cosenza. Le salme furono qui trasportate nell’agosto del 1867. Il monumento, consiste in una semplice piramide con un angelo che porta una corona d’alloro. È opera di Augusto Benvenuti e fu inaugurato il 25 giugno 1890. L’altare che segue, di Verde Scaligera, figlia di Mastino della Scala, marchesa di Ferrara, proviene dalla chiesa dei Servi. Opera del bergamasco Guglielmo dei Grigi († 1530), occupa il posto dello smembrato polittico di Bartolomeo Vivarini. Il S. Girolamo occupa il posto della Maddalena (ora nella seconda cappella absidale di destra) ed è capolavoro di Alessandro Vittoria del 1576. Sull’altare, Maria Assunta in Cielo, bassorilievo sempre di A. Vittoria. All’angolo della parete, monumento al marchese Gabriele di Chasteller († 1825), opera di Luigi Zandomeneghi († 1850) e di Antonio Giaccarelli († 1838). In alto, tomba dell’ammiraglio Girolamo Canal, attribuita adAlessandro Leopardi (fine sec. XV).